fiume

fiume
fiume della vita

mercoledì 31 agosto 2016

LO STRANO PIGOLIO





Fu uno strano pigolio  
 come di uccelli a sera  
quello che udii

 era invece il mio cuore che
 rallentava e accelerava 
il suo battere al sentire
 quella canzone. 

 Mirka




  "Feeling Good (Michael Buble)



domenica 28 agosto 2016

TU NON SAPRAI MAI AMORE



Tu non saprai mai 
amore 
di che umida tenerezza si riempì
 il mio occhio 
quando si posò sul tuo primo pelo bianco
 spuntato
 nel cespuglio del tuo petto d'atleta un poco
 vanitoso.

Uno splendore fra l'oscurità che
 io
 non voglio dimenticare 

  una cupidigia che mi rende folle
 per quei ghiaccioli invernali che 
continueranno
 a crescere senza di me
 e che vedrò luccicare come grappoli di ciliegie 
nere
 senza la salvezza di goderne a poco a 
poco  

  e mi perdonerai 
amore 
se da inguaribile ribelle
 io non lo dimenticherò 

 ma farò finta di averlo fatto. 

Mirka 

  

"Rhapsody on Teme of Paganini" ( dal film Somewhere in Time. S.Rachmaninov) )

I DUE MACCHERONI



E piangeva sui maccheroni. E ogni grano li riempiva tutti di lacrime. Solo due lacrime restarono sospese nel mezzo e al centro delle guance. Due i maccheroni che lasciò nel piatto e che lei con gesto secco buttò nella spazzatura. Enigmatico le restò un sorriso nel mezzo delle labbra. Negli occhi  lo strano tracciato lasciato dalle lacrime diventati a loro volta lucenti maccheroni da spazzare senza troppi ripensamenti.



 Mirka 
(dai racconti Il Destino Nel Nome) 



"Something Stupid" (Frank Sinatra)


venerdì 26 agosto 2016

IL MEZZO. LA STRADA



"Credi che non sappia distinguere la verità dal falso?"  gli chiese la donna fissando a lungo gli occhi del l'uomo come una spada che centra il bersaglio. Forse un tempo. Ma quello era il mezzo di ricerca per arrivarci. Con fatica distolse gli occhi da quelli del l'uomo, li abbassò e pianse senza alcun ritegno, come fa un bimbo che sente una verità e tutto ignora. Che guardarlo avrebbe significato perdersi ancora e lei non lo voleva.    Un rumore nella stanza attigua riportò la donna al presente. Svelta si ricompose il volto che diventò un'immensa coltre di neve senza traccia di impronte. E il dialogo monologo finì. Per quella volta.   ( estrapolato dai Racconti Il Destino Nel Nome) Mirka


 "I Will always love you" 





 Nota: la foto è stata presa da internet

mercoledì 24 agosto 2016

AVE VERUM CORPUS (W. A. MOZART)




L'uomo non ha che due modi per scoprire la Verità e guardarla in faccia. Nel l'Amore e nella Morte. In nul l'altro che in questo. Il Compimento non sarà mai su questa terra.   

Mirka

 "Ave Verum Corpus"  ( K. 618 -Wolfgang A. Mozart )
 

venerdì 19 agosto 2016

domenica 14 agosto 2016

15 AGOSTO 2016 AUGURI CON BRAHMS



Lottiamo fino a che la Speranza non crei dai propri naufragi la cosa contemplata.  (Schilley)


 Buon Ferragosto a tutti  Mirka





"Concerto N. 1(DO Min  -Op  15  -J. Brahms)


 

giovedì 11 agosto 2016

STUDI (ovvero della nostalgia)








Nel silenzio.    Il bisogno del silenzio per sentire scorrere le verità.    Pensando alla pienezza di ogni vissuto ma anche a ogni fallimento.  E la nostalgia stava lì,  Piena, rotonda e centrale, in quella memoria  di contrasti. Nel mentre stupita continuavo a studiarla,  sentendo, sempre più stupita, essere stata quella, solo quella, la strada incrociata e più vera.  La Nostalgia di un sogno, "quel" sogno,  a Presenza Stabile,  senza che il dolore lo sfidasse.

 Mirka


"Etudes"  ( Tristesse- Op 10 n.3 E -dur Mi  Frederic  Chopin )



 

mercoledì 10 agosto 2016

HAIKU (assolo)





Coro di risate  
Ma dentro non c'era la mia voce 
 inutile cuore.   

 Mirka


"Der Wanderer"  (D 493 - F. Schubert)

Vengo dalla montagna, è nebbiosa la valle, in burrasca il mare. Cammino in silenzio, scontento e sempre mi domando sospiroso, dove? E sempre dove? Qui il sole mi pare così freddo, i fiori appassiti, la vita scomparsa, quello che dicono è vano rumore, dappertutto io sono un estraneo. Dove sei amato mio Paese? T'ho cercato, immaginato, e mai conosciuto! Il paese, il paese, verde di speranza, la terra dove fioriscono le mie rose. Là dove passeggiano i miei amici, dove resuscitano i miei morti, il paese che parla la mia lingua, o terra, dove sei tu? Io vago silenzioso, infelice, e sempre mi domando sospirando dove? E sempre dove? Una voce misteriosa mi risponde  "Là dove tu non sei, là c'è la felicità"  (traduzione del lieder)

lunedì 8 agosto 2016

VESTITA DI ME




 Il primo lampione si è acceso    la domenica è finita.    Vestita della mia piccola storia quotidiana     vestita di me   canto   provo a cantare di   trionfi di glorie e di sconfitte, di compromessi a denti stretti, di resistenza fin che ho potuto e di qualche sfida dal finale ignoto.     Vivere non risparmia nulla.    Lenzuola stropicciate    un libro fermo su una pagina ingiallita ai bordi di un libro fuori limite massimo     un cristallo opacizzato da una viola del Pensiero    l'emozione di chi si specchia per la prima volta con le  susine agli occhi avvolte dal l'anno dato nel velo del mistero.   Ma a Te brindo testarda illusoria giovinezza!!!     Nel silenzio attorno a quel l'unica finestra ancora spalancata su quella luna che brilla di eterno ancora da scoprire.


   Mirka


"Casta Diva"       (Norma  -Bellini)
 

sabato 6 agosto 2016

IL MARE PORTA VIA



Davanti al mare si perde tutto    chi sei    da dove vieni    l'identità    persino il nome.   Solo delle briciole di sale restano incollate alla pelle ustionata dal sole      puntini che parlano di nuotata arresa su la follia del l' ondata più impetuosa.     "Ma tu sapevi nuotare"?       mi chiedo sorridendo al Tempo Giovinetto.    Un gabbiano ha spiccato il volo.     Con gli occhi lo guardo sino a toccare la sua ala, sino a sentirli bruciare.     Gli presenterà il guanto della sfida  e sarà lui a rispondere.     Avida alzo il calice alla Vita e fieramente alzo la testa al cielo.   Per Oggi sono salva.  L' Iniziazione deve ancora arrivare.

Mirka


Symphony of Psalms  (Igor Stravinsky)

X

giovedì 4 agosto 2016

DENTRO AL SILENZIO






Ormai era diventata abitudine.  Ritornavano stanchi dopo avere ingurgitato con gli occhi, paesaggi, fili d'erba, uomini e ogni arte creata dal pensiero e dalle mani di uomo, si apriva il cancello della piccola casa ai piedi del monte Gennaro, affacciata su una selva di multiple radici d'alberi intrecciati e subito era silenzio.  E loro dentro.  Dentro il silenzio.  Felicia si stendeva sul divano come la Donna adagiata di Henry Moore o il il riposo della modella di Henri Matisse.  Una gamba a penzoloni, l'altra lunga e dritta come una statua del Bernini e, in quel silenzio così profondo iniziava il viaggio. Il viaggio forse più importante.  Quello che porta l'uno verso l'altro per ritornare a se stessi.  Con passo naturalmente elegante, Ettore si avvicinava a una sedia situata sotto il tavolo, poco distante dal divano, la sollevava e la portava vicino al divano, si sedeva, lieve come un arabesco di Debussy,  quando lo pensò e, allungava la sua mano forte da vasaio verso quella lunga e sottile di Felicia, la prendeva con delicatezza e con infinita delicatezza la depositava nella sua, sempre in silenzio.  Un silenzio pieno, comunicante, dove le parole (mute) si collocavano a perfezione in ogni angolo di quello spazio smisurato, formando  via via  le pagine dei reciproci romanzi o di quelle lettere scritte ma mai spedite e, che,  leggendole, diventavano note musicali su cui soffermarsi, assaporando l'intensità della musicalità, nel mentre imparavano, curiosi e coi piedini nuovi infilati su impronte di luci e ombre senza che la luce venisse mai a mancare.   Forse entrambi erano abituati al silenzio. A parlare nel e col silenzio. Non si sarebbe spiegato che così.  Si studiavano e, come per una sorta di tacito accordo si facevano domande, in un lungo discorso, con pause, riprese, cambi di direzione, ritorni sui propri passi, ma senza mai perdersi o staccarsi l'uno dall'altro o da sé. La mano testimone di "agricoltore"  abile che lavora e scava senza far disastri.    Alla realtà contingente li portava sempre il buio sceso all'improvviso nella stanza, la luna che come una baionetta attraversava la finestra adagiandosi sul bel vestito rosso di raso Balenciaga di Felicia e un borbottio allo stomaco di entrambi comunicava, sempre col silenzio,  che era anche l'ora di mangiare.   Anche quella volta l'uomo staccò con riluttanza la sua mano  da quella di Felicia.  Scostò la sedia e si diresse  verso la cucina, mentre luci e ombre continuavano a intrecciarsi, quella volta in memoria,  proprio come fa il pittore quando raccoglie nella sanguigna lo schizzo di un quadro futuro senza paragonarlo a nessun altro o dentro una fiaba da raccontare ai propri bambini o ad adulti veramente tali.  

Mirka  (dai racconti Il Destino Nel Nome)

"Notturno" (Op 27  n.2 D Flat Major  F.Chopin)





mercoledì 3 agosto 2016

TUMULTI







Ho vestito il mare coi miei occhi 
 tumulto al cuore       ballerini i denti
  fra le mani una cifra rossa macchiata di catrame. 

Mirka




"Per te canterò"  (M. Theodorakis)




martedì 2 agosto 2016

IL NONNO





Era burbero di modi, il nonno e ferroviere ma,   pur mite e buono era perennemente in lite con qualcuno.  Lo ricordo sulla pensilina del doppio binario pronto al suo dovere.  Lo vedevo da lontano e correva anche a sbarra abbassata, attraversando i binari, orgogliosa e felice per le prime margherite raccolte immaginando la sua sorpresa.  E lui lì.    Il treno si fermava, il treno fischiava, il treno ripartiva,  lui sempre lì, come aquila che non conosce la stanchezza  degli occhi.  La barba incolta,  gli occhi sempre un poco arrossati non so se per fatica o  per qualche bicchiere in più condiviso con gli amici nell'osteria del paese, ma all'alba di ogni giorno, di nebbia, con le terribili gelate della bassa padana, con la pioggia o con la neve alta, con la calura estiva, e con le zanzare a sera, lui era lì.  Massiccio più dello stesso treno, ma tenero come un passero non ancora svezzato alla pugna del fucile d'uomo.   Andava per campi a cogliere cicoria e pissacane (tarassaco) perchè diceva, tolgono il veleno dal fegato e alleggeriscono il sangue ma, nella sua grossa mano che maneggiava la responsabilità dei pesi, non mancavano mai le viole dei fossi, gli alti papaveri mescolati al giallo delle spighe o  il primo bucaneve.   Il nonno.  Col suo berretto lustro e duro da ferroviere o col gran cappello da anarchico portato con disinvoltura nei giorni della festa.   E quando risentono, nella realtà delle vene, la fermezza calda con cui teneva la mia piccola mano tra la sua, un brivido lunghissimo mi assale per quella protezione ormai persa per sempre.  Il nonno.  Quel l'orso tenerissimo che faceva tremare tutti e tutto (porta, tavolo, sedia e pareti, uomini e animali..ah! quelle galline alzate in volo al suo apparire!.)  che faceva partire i treni e li aspettava, e che sbuffava e fischiava proprio come la sua locomotiva sui " ritardi a capire" della gente pronta a equivocare sul suo umorismo che di tutto si burlava, più che a cercare di capirlo. Era un eccellente  disegnatore e faceva caricature straordinarie dei personaggi locali e non solo,...(oggi si chiamano murales) .  Anche scultore pure senza corona conclamata se non per quei favolistici presepi creati con statuine di gesso dalle sue mani colorate poi con bellissimi colori, per la gioia e lo stupore della famiglia e di chiunque venisse a processione con la scusante degli auguri.  Ragazzina ancora quando gli chiedevo come andava con la salute lui mi rispondeva col suo umorismo pittoresco  l'è un brot lavor la vcera, al lampadèni an funzionan piò,  le pedivelle a s' ferman, al motor al sbòfa (è un brutto lavoro la vecchiaia,  gli occhi non funzionano più, i piedi non camminano, il cuore sbuffa). Solo su una cosa fu inflessibile sino a morirne in quel l' ultimo soffio che porta alla pace eterna. Su la necessità della Lotta, vigile e senza tregua, contro il Potere d'ogni tipo di padroni e contro i fascisti   mascherati  o meno da programmatori d'ordine. Vigilanza che  mai avrebbe dovuta arrendersi o indebolirsi. Proclamandolo dentro e fuori casa pur con la tremarella di una foglia verdolino a primavera. (Nel suo fondo fondo anche col suo vocione e la sua grossa stazza non era un leone, eppure a suo modo seppe tenere testa, col suo cappello anarchico, guardando dritto negli occhi chiunque dimostrasse alla servile sudditanza dèi padroni e a ogni forma di arroganza supponente a sottomissione..) Ciao nonnone, a presto   ti voglio bene


  Mirka



"J'entends Siffler le train"  ( Richard Anthony)